Meneceo,
Non si è mai troppo giovani o
troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello
occuparsi del benessere dell'anima. Chi sostiene che non è ancora giunto il
momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come
se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è
passata l'età. Da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a
conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli
anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani,
irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l'avvenire. Cerchiamo di
conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c'è tutto
abbiamo, altrimenti tutto facciamo per averla.
Pratica e medita le cose che
ti ho sempre raccomandato: sono fondamentali per una vita felice. Prima di
tutto considera l'essenza del divino materia eterna e felice, come rettamente
suggerisce la nozione di divinità che ci è innata. Non attribuire alla divinità
niente che sia diverso dal sempre vivente o contrario a tutto ciò che è felice,
vedi sempre in essa lo stato eterno congiunto alla felicità. Gli dei esistono,
è evidente a tutti, ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata
a tradire sempre la nozione innata che ne ha. Perciò non è irreligioso chi
rifiuta la religione popolare, ma colui che i giudizi del popolo attribuisce
alla divinità.
Tali giudizi, che non
ascoltano le nozioni ancestrali, innate, sono opinioni false. A seconda di come
si pensa che gli dei siano, possono venire da loro le più grandi sofferenze
come i beni più splendidi. Ma noi sappiamo che essi sono perfettamente felici,
riconoscono i loro simili, e chi non è tale lo considerano estraneo. Poi
abituati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che
il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte altro non è che
la sua assenza. L'esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi
rende godibile la mortalità della vita, togliendo l'ingannevole desiderio
dell'immortalità.
Non esiste nulla di terribile
nella vita per chi davvero sappia che nulla c'è da temere nel non vivere più.
Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il
suo arrivo lo farà soffrire, ma in quanto l'affligge la sua continua attesa.
Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire. La
morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi
viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i
vivi né per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più. Invece la gente
ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che
vive.
Il vero saggio, come non gli
dispiace vivere, così non teme di non vivere più. La vita per lui non è un
male, né è un male il non vivere. Ma come dei cibi sceglie i migliori, non la
quantità, così non il tempo più lungo si gode, ma il più dolce. Chi ammonisce
poi il giovane a vivere bene e il vecchio a ben morire è stolto non solo per la
dolcezza che c'è sempre nella vita, anche da vecchi, ma perché una sola è
l'arte del ben vivere e del ben morire. Ancora peggio chi va dicendo: bello non
essere mai nato, ma, nato, al più presto varcare la porta dell' Ade.
Se è così convinto perché non
se ne va da questo mondo? Nessuno glielo vieta se è veramente il suo desiderio.
Invece se lo dice così per dire fa meglio a cambiare argomento. Ricordiamoci
poi che il futuro non è del tutto nostro, ma neanche del tutto non nostro. Solo
così possiamo non aspettarci che assolutamente s'avveri, né allo stesso modo
disperare del contrario. Così pure teniamo presente che per quanto riguarda i
desideri, solo alcuni sono naturali, altri sono inutili, e fra i naturali solo
alcuni quelli proprio necessari, altri naturali soltanto. Ma fra i necessari
certi sono fondamentali per la felicità, altri per il benessere fisico, altri
per la stessa vita.
Una ferma conoscenza dei
desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta
serenità dell'animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi
indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e
dall'ansia. Una volta raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché
il nostro organismo vitale non è più bisognoso di alcuna cosa, altro non deve
cercare per il bene dell'animo e del corpo. Infatti proviamo bisogno del
piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo
non ne abbiamo bisogno.
Per questo noi riteniamo il
piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene
primo e a noi congenito. Ad esso ci ispiriamo per ogni atto di scelta o di
rifiuto, e scegliamo ogni bene in base al sentimento del piacere e del dolore.
E' bene primario e naturale per noi, per questo non scegliamo ogni piacere.
Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci più male che bene, e
giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più
grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo. Ogni piacere dunque è
bene per sua intima natura, ma noi non li scegliamo tutti. Allo stesso modo
ogni dolore è male, ma non tutti sono sempre da fuggire.
Bisogna giudicare gli uni e
gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni. Certe volte
sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene.
Consideriamo inoltre una gran cosa l'indipendenza dai bisogni non perché sempre
ci si debba accontentare del poco, ma per godere anche di questo poco se ci capita
di non avere molto, convinti come siamo che l'abbondanza si gode con più
dolcezza se meno da essa dipendiamo. In fondo ciò che veramente serve non è
difficile a trovarsi, l'inutile è difficile.
I sapori semplici danno lo
stesso piacere dei più raffinati, l'acqua e un pezzo di pane fanno il piacere
più pieno a chi ne manca. Saper vivere di poco non solo porta salute e ci fa
privi d'apprensione verso i bisogni della vita ma anche, quando ad intervalli
ci capita di menare un'esistenza ricca, ci fa apprezzare meglio questa
condizione e indifferenti verso gli scherzi della sorte. Quando dunque diciamo
che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci,
come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo
interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e l'animo a essere
sereno.
Perché non sono di per se
stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e
tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice,
ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere
i falsi condizionamenti che sono per l'animo causa di immensa sofferenza. Di
tutto questo, principio e bene supremo è la saggezza , perciò questa è anche
più apprezzabile della stessa filosofia, è madre di tutte le altre virtù. Essa
ci aiuta a comprendere che non si dà vita felice senza che sia saggia, bella e
giusta, né vita saggia, bella e giusta priva di felicità, perché le virtù sono
connaturate alla felicità e da questa inseparabili.
Chi suscita più ammirazione
di colui che ha un'opinione corretta e reverente riguardo agli dei, nessun
timore della morte, chiara coscienza del senso della natura, che tutti i beni
che realmente servono sono facilmente procacciabili, che i mali se affliggono
duramente affliggono per poco, altrimenti se lo fanno a lungo vuol dire che si
possono sopportare ? Questo genere d'uomo sa anche che è vana opinione credere
il fato padrone di tutto, come fanno alcuni, perché le cose accadono o per necessità,
o per arbitrio della fortuna, o per arbitrio nostro. La necessità è
irresponsabile, la fortuna instabile, invece il nostro arbitrio è libero, per
questo può meritarsi biasimo o lode.
Piuttosto che essere schiavi
del destino dei fisici, era meglio allora credere ai racconti degli dei, che
almeno offrono la speranza di placarli con le preghiere, invece dell'atroce,
inflessibile necessità. La fortuna per il saggio non è una divinità come per la
massa - la divinità non fa nulla a caso - e neppure qualcosa priva di
consistenza. Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male determinante
per la vita felice, ma sa che può offrire l'avvio a grandi beni o mali.
Però è meglio essere senza
fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un
bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto
dissennato. Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te
stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell'ansia. Vivrai invece come
un dio fra gli uomini. Non sembra più nemmeno mortale l'uomo che vive fra beni
immortali.
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